“Il sale brucia, è doloroso, ma disinfetta, da ogni cosa.”
Intervista a cura di Davide Lucarelli
E’ uscito il 25 ottobre scorso Sale, il secondo singolo di Ugo Fagioli, il primo per Revubs Dischi.
Sale è un brano che parla con sensibilità di come, spesso, per superare un momento difficile, per curare delle ferite profonde, forse il dolore è proprio la medicina migliore.
Abbiamo avuto l’opportunità di fare qualche domanda Ugo. Vi riportiamo qua sotto le sue risposte.
Ciao Ugo! Innanzitutto, vorrei chiederti come ti sei avvicinato al mondo della composizione. C’è un episodio in particolare che ti ha portato a scrivere la tua prima canzone o è stato un insieme di circostanze?
È stato un percorso molto naturale in realtà. Ho cominciato a studiare clarinetto e solfeggio a 10 anni, successivamente mi sono avvicinato al mondo della chitarra ed infine, a tutto quello di cui è composta una canzone.
Da ragazzino, ho iniziato a suonare (come la maggior parte dei musicisti) con le prime band di amici: il repertorio era composto principalmente di cover, ma anche di alcune canzoni composte in sala prove; durante i concerti, trovavo molta più soddisfazione nel suonare i brani composti da noi (seppur semplici e magari neanche tanto belli), piuttosto che canzoni di altri artisti.
Da quel momento ho capito che mi divertiva il fatto di creare brani grazie agli ascolti e alle influenze che aveva la vita su di me: assorbire le storie, per poi raccontarle attraverso la musica, è una cosa bellissima.
La tua carriera è iniziata con una band indie-rock i The Tocsins ormai diversi anni fa. Cosa è cambiato da allora e cosa ti ha spinto ad intraprendere questo progetto da solista?
Con i The Tocsins mi sono tolto delle bellissime soddisfazioni: un album, svariati tour, palchi importanti e soprattutto l’aver potuto suonare all’Heineken Jammin Festival; cose che per una band totalmente indipendente, a quei tempi, erano impossibili.
Al termine di quell’esperienza ho avuto altri progetti musicali, ma la scelta di intraprendere la carriera da solista, è stata presa dopo la fine di una storia d’amore: ho iniziato a scrivere tutto quello che mi passava per la testa, in quei momenti di totale sconforto.
Un’amica ha letto quelle cose e mi ha detto questa frase: “Ugo, sai suonare, sai comporre musica….perchè queste cose non le trasformi in canzoni?”
Ed eccomi qui.
“Sale” è il tuo nuovo singolo. Ci racconteresti la genesi di questo brano?
Mi sono chiesto quale fosse il modo più rapido di curare le ferite dopo aver perso una battaglia: da qui l’idea del sale e di tutto ciò che lo circonda. Il sale brucia, è doloroso ma disinfetta, da ogni cosa; lascia cicatrici, come medaglie indelebili.
Sale è il fidarsi poco, ma di tutti: è non darsi per vinti e contare soprattutto su sé stessi.
È trovare il modo di ripartire, passo dopo passo, per tornare a rialzare la testa.
Nelle tue canzoni parli sempre di esperienze vissute in prima persona oppure a volte racconti storie che ti sono giunte all’orecchio e ti hanno colpito?
Le mie canzoni parlano sempre di tutto ciò che mi circonda; la maggior parte parlano di me e delle mie esperienze. Mi piace molto la “psicologia” che si nasconde dietro certi comportamenti o gesti delle persone, mi piace analizzarli, interpretarli e descriverli attraverso i suoni e le parole.
Lo faccio quasi sempre parlando con le persone interessate, leggendo o brutalmente “cercando su google” il perché usiamo certe parole o ci comportiamo in un certo modo, in determinati momenti.
Quanto è importante per te suonare la tua musica dal vivo? Quali sono le sensazioni che provi rapportandoti col pubblico durante una tua esibizione?
Riuscire a fare entrare nel “proprio mondo” le persone, è una sfida che adoro affrontare da sempre.
Sono un tipo che va a molti concerti, che supporta la scena musicale underground e le piccole band indipendenti, perchè vengo da lì.
Molte volte vado a vedere concerti di artisti che non ho mai ascoltato prima, di cui non so nemmeno la provenienza o il nome; mi piace la sorpresa nella musica dal vivo, perchè sono convinto che sia proprio nei concerti che si vede quanto un artista creda nella propria musica, in quello che dice e quello che sa trasmettere al pubblico.
Nel mio piccolo, cerco sempre di farlo: ad ogni concerto, cerco di pensare che sia l’ultimo, e do tutto me stesso per fare entrare nel mio mondo chi mi sta ascoltando.
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