“Punto a fare la rivoluzione!”
Intervista a cura di Giorgia Groccia
Wrongonyou è lo pseudonimo di Marco Zitelli, musicista romano, classe 1990, giovanissimo dal sound fresco e dalle vocalità internazionali. L’artista diviene in poco tempo un fenomeno fuori dal comune che s’ispira al folk e ad artisti dal calibro di Frusciante e Vernon, conservando ad ogni modo una fortissima identità personale che diviene uno dei tasselli preponderanti che determineranno il suo enorme successo.
Dal profilo Soundcloud al lavoro in studio con un professore di Sound Technology dell’Università di Oxford il passo è stato decisamente breve, ragion per cui dal 2013 in poi Wrongonyou colleziona con rapidità decine di palchi importanti e importantissimi consensi.
Nel 2016 firma un contratto discografico con Carosello Records e pubblica i singoli Rodeo, Killer (più di un milione di stream su Spotify) e The Lake. Quest’ultimo brano è entrato nella Top Viral 50 di Spotify ed è stato suonato dai più importanti network nazionali. I nuovi progetti sono alle porte e noi di TGP abbiamo avuto il piacere di scambiare qualche parola con Wrongonyou, eccone il risultato:
Hai deciso di essere un manifesto internazionale in un panorama intriso di musica prettamente nostrana. Qual è il tuo sound e quali sono i tuoi artisti di riferimento?
In passato sicuramente i miei punti di riferimento sono stati Dirty Folk, Nick Driver, Elliot Smith e via dicendo. In ogni caso ho ascoltato musica molto variegata, di tutti i tipi, quindi ho un repertorio molto vasto alle spalle. Ho sicuramente subito delle influenze di Post Malon e di tutta quella scena trap che punta a cantare qualcosa che abbia realmente senso. Lui mi è piaciuto tanto, proviene da una scuola folk e da ascolti come Johnny Cash, Bob Dylan e così via, per cui sento delle influenze in ciò che fa.
Cosa è cambiato dal tuo primo demo ad adesso?
Purtroppo sono stato contagiato e influenzato dai movimenti di mercato della musica; il mio primo EP era un’espressione pura di pensiero, nel tempo invece si entra nell’ottica di costruire un prodotto che funzioni, ritornelli che arrivino subito e così via. Purtroppo i condizionamenti di mercato tolgono un po’ di onestà alle canzoni e quindi ho scelto, ad oggi, di pubblicare NEW LIFE che è l’anti radio, l’anti pop, ma solo pura bellezza, insieme a Circus che strizza l’occhio a qualcosa che potrebbe essere più commerciale ma in realtà è una caratteristica puramente di facciata. Quello che sto facendo è tornare “al prima”, quindi escludere la necessità di lavorare per forza con produttori stra quotati e stra pop come ho fatto in passato (e che comunque hanno fatto un ottimo lavoro), ma piuttosto un vero ritorno alle origini: scrivere per una questione di piacere prima di ogni altra cosa.
Raccontaci l’esperienza di girare il video di “I Don’t Want to get down” nel deserto della California.
È stato magico. Quando ho iniziato a suonare la chitarra facevo solo cover metal; quando è uscito su MTV il live all’Alcatraz dei Red Hot Chili Peppers io non avevo idea di come fosse realmente Frusciante come chitarrista: ad un certo punto resta da solo sul palco e suona un pezzo; io da là sono rimasto stregato, è scoppiato l’amore nei suoi confronti, di lì ho cambiato proprio orientamento musicale e sono passato dai Cavalera che facevano brutal metal, all’indie pop concepito da Frusciante, e di lì mi sono oltretutto fissato con la California; il posto in cui ho girato il video è molto vicino al luogo dove annualmente si svolge il Coachella ed è un posto incontaminato, dove le forme sono plasmate esclusivamente dalla natura, dalle piogge. È cosa surreale, intima, travolgente. Ci tenevo tanto a girare quel video, dato che ero in California per registrare il disco da Michele Canova. È stato doveroso girarlo lì anche perché il brano parla proprio di natura.
Hai lavorato con Michele Canova, uno dei Producer italiani più importanti al mondo. Com’è stato e come siete riusciti a conciliare le vostre esigenze artistiche?
Lui ha un gusto magistrale davvero. I primi tre dischi di Tiziano Ferro sono davvero dei capolavori assoluti, ci sono anche altre perle in altri dischi, ma i primi tre sono davvero pazzeschi. Idem per quanto riguarda Jovanotti, l’ha risollevato totalmente, e così via. Usa pianisti e batteristi di un certo livello, ho avuto l’onore di lavorare con Alessandroni che è il maestro che lavorava con Morricone. Qui parliamo davvero di musicisti esemplari, che hanno lavorato con una serie di star internazionali come Pink, Black Eyed Peas, e cosi via. Michele mi scrisse addirittura prima che io firmassi con Carosello quindi è stato un vero e proprio colpo di fulmine. Il risultato finale è stato inaspettato, ma sono davvero grato per tutto ciò che è successo.
Qual è stato il live migliore e qual è stato il peggiore che hai affrontato sin ora nella tua carriera?
Di peggiori ce ne sono una marea! -ride- soprattutto i primi anni di live (quando suoni dentro le bettole) è molto facile che succeda. Uno dei migliori è stato all’Home Festival l’anno scorso. C’era una sinergia totale con il pubblico e una spontaneità mia nel cantare; è stata una di quelle rare volte in cui non pensavo a niente, cantavo ed ero totalmente immerso nella musica! Ed ero pure sobrio… è stata una cosa magica. Un altro bello è stato a Milano al Castello Sforzesco l’estate scorsa. Un concerto tutto mio, stupendo. Quello peggiore è difficile, ce ne sono tanti… i primissimi concerti in cui ti esibisci difronte ad un chiacchiericcio continuo, finisci il pezzo e nessuno applaude.
Il tuo ultimo lavoro discografico è un mix ben riuscito tra folk ed elettronica. Come pensi si evolverà il tuo sound prossimamente?
Io sto scrivendo in italiano ad oggi, quindi credo di andare in quella direzione. Purtroppo ho scoperto i grandi della nostra canzone molto tardi, però la nota positiva è la consapevolezza nell’ascoltarli per la prima volta in età adulta. Mi si è aperto un mondo. Quello che io vorrei fare è trasportare in italiano il meglio di ciò che ho fatto sin ora soprattutto senza perdere la mia vocalità. Quel sound sarà un new folk contemporaneo, non escludendo quindi l’elettronica. Sono in fissa con l’ultimo disco dei Panic At The Disco, prenderò sicuramente spunto. Se non altro la voce sarà il tassello portante del progetto.
Tre artisti emergenti italiani che stimi particolarmente.
Ci conosciamo tutti! E ce ne sono tantissimi validi. Uno di quelli che nomino ad occhi chiusi è Venerus: il motivo per cui canta in italiano è davvero divertente! Stava andando in America, l’hanno bloccato alla dogana, ha dovuto passare una notte lì per poi essere rispedito indietro; quasi per ripicca da lì in avanti decise di virare dall’inglese all’italiano, e devo dire che questo gli ha portato solo cose buone! In generale sono stupito dal quantitativo di cose belle che ultimamente stanno venendo fuori! Uno che mi piace davvero e che non conosco di persona è Aiello, ha fatto un singolo davvero pazzesco: è nella mia playlist. In ogni caso sto continuando ad ascoltare tanta musica straniera per non perdere le mie influenze e per creare quella combo che qui in Italia non c’è ancora.
Tour e progetti futuri.
Sicuramente non sarò in tour quest’estate, però in compenso parteciperò ad un po’ di festival. Il bello vero arriverà in autunno. Punto a fare la rivoluzione.
What do you think?